Nel settembre 2022 avevo raccontato di come la ASO (Amaury Sport Organisation), anche a seguito del successo della prima nuova edizione del Tour femmes, avesse deciso che pure la Vuelta di Spagna doveva avere una degna controparte femminile. Dal 2015 l’agenzia sportiva francese organizzava la Challenge by La Vuelta, ma aumentare negli ultimi anni il numero di frazioni fino a cinque non aveva reso questa corsa una competizione credibile: l’edizione 2022 era stata decisa nella seconda tappa, l’unica di montagna, da un attacco solitario di Van Vleuten, avvenuto per di più a telecamere spente; inoltre, le concorrenti si erano lamentate degli orari che avevano dovuto seguire nella settimana di gara (cena tardi, sveglia presto) perché la loro frazione doveva fungere da antipasto alla tappa della Vuelta maschile.

Da qui il cambio denominazione, lo scorporamento dalla gara maschile e l’inserimento della neonata Vuelta femenina nella prima settimana di maggio, al termine della stagione delle grandi classiche del Nord. Decisione quest’ultima azzeccata, almeno a giudicare da quanto la competizione ci ha offerto nel 2023. Le due grandi protagoniste sono state, infatti, Demi Vollering, che tra febbraio e aprile aveva vinto Strade Bianche, Dwaars von Vlanderen, Amstel, Freccia Vallone, Liegi, nonché altre gare non inserite nell’UCI Women’s World Tour, e Annemiek Van Vleuten, la dominatrice del 2022, al suo ultimo anno da pro, rimasta stranamente a secco di vittorie in tutta la prima parte di stagione e per questo “arrabbiata”. Due atlete che, al di là dei diversi risultati ottenuti, erano uscite dalle classiche con ancora la voglia di correre e con la forma al top o quasi. Un po’ come l’italiana Gaia Realini che proprio alla Freccia Vallone aveva capito di poter ambire a successi di rilievo (vittoria nella sesta tappa, podio finale e maglia a pois sono valse per lei come una investitura).

Attenzione, però. Di situazioni o località “da Vuelta maschile” l’organizzazione ne ha fondamentalmente inserita solo una, l’ascesa ai Laghi di Covadonga: niente passaggi per grandi città o tapponi con più di due montagne da scalare (e, in questo, la Vuelta femenina ha ricordato più da vicino quanto accade solitamente nel Giro Donne e non quanto fatto dalla stessa ASO per il Tour femmes 2022). Lo spettacolo vero lo hanno fatto Van Vleuten, Vollering, Realini, Vos e socie, lo hanno fatto le cicliste in corsa e chi in ammiraglia le ha guidate.
Già, perché se c’è una cosa che fa capire quanto è cambiato il ciclismo femminile negli ultimi cinque anni (aiutato in questo dal fatto che molte squadre maschili si sono dotate di una parallela squadra femminile), è la condotta di gara di un team di grande esperienza come la Movistar: il direttore sportivo Unzue, che conosceva bene il percorso e che era conscio che Van Vleuten era un gradino sotto Vollering, ha pianificato a tavolino una serie di attacchi da sferrare lì dove c’erano le possibilità di creare ventagli (vedi terza e sesta tappa). 
La sorte e la distrazione della SD-Worx ha voluto che Vollering fosse a far pipì nel secondo di questi attacchi e, quindi, il distacco di 1’04” rimediato nella Castro Uriales-Laredo sia stato il risultato di un’azione apparentemente unfair da parte di Van Vleuten e compagne. Apparentemente (e qui spezzo definitivamente una lancia in favore della Movistar) perché con una frazione di soli 106km, che le ragazze più forti si sono divorate in meno di tre ore, come si può pretendere che il tal team rinunci a un attacco premeditato?
Ad ogni modo, il tutto ha influito in maniera decisiva sul risultato finale, visto che Vollering ha vinto per distacco a Covadonga, ma Van Vleuten è riuscita a mantenere 9″ di vantaggio in classifica generale. E influirà ancor di più sui comportamenti futuri delle cicliste in corsa.

Chiudo tornando sulla questione durata e lunghezza delle tappe. La Elche de la Sierra-La Roda era la più lunga, 158km; sempre causa Movistar, le cicliste di testa l’hanno fatta a tutta, tanto che quando è iniziato il collegamento internazionale mancavano meno di 30 km all’arrivo. Sul traguardo ha vinto in volata l’intramontabile Marianne Vos: durata della frazione tre ore e mezza circa, media 45,6 km/h! Eppure il giorno dopo nessuna delle donne di classifica ne ha risentito. Allora mi chiedo: quando, di grazia, si farà cadere questo tabù del chilometraggio, retaggio dell’idea oramai superata che le donne non hanno resistenza paragonabile a quella degli uomini? Perché, se è una scelta dovuta a necessità di copertura televisiva (una gara che dura meno ha bisogno di meno spazio), state tranquilli, vale l’esatto contrario: in una gara che dura meno l’attacco decisivo può avvenire anche nei primi metri. Non a caso, l’azione che ha deciso la seconda tappa della Challenge by La Vuelta del 2022 o quelle by Movistar della terza e della sesta tappa della Vuelta 2023 non sono state mostrate in diretta, né mai riprese.
E poi, scusate… se il percorso è più lungo, c’è anche più possibilità per tutte di far pipì senza che l’avversaria di turno se ne vada via1.

Nella foto in evidenza ho comunque deciso di omaggiare Demi Vollering (qui mentre vince la quinta tappa a braccia alzate)