Le donne e i poco olimpici Giochi del 1900: terza puntata

Il Prix de la Ville de Compiègne è uno degli esempi più eclatanti di quanto poco olimpici furono i Giochi di Parigi 1900. E non perché nessuno dei golfisti e nessuna delle golfiste che tra il 2 e il 4 ottobre presero parte alle gare di Compiègne sapeva di stare dentro una Olimpiade: questo era un destino comune a tutte le manifestazioni sportive organizzate nel corso dell’Esposizione Universale1.
La cosa davvero bizzarra è che nell’arco della sua intera vita Margaret Abbott (1878-1955), la vincitrice del concorso femminile, non avrebbe mai saputo di aver conquistato un titolo ai Giochi (anzi, di esser stata la prima donna americana a riuscirci). Eppure il suo nome era esplicitamente citato nel rapporto compilato per conto del governo degli Stati Uniti dal Director of Sports for the United States at the Paris Exposition of 1900!2 Solo negli anni Ottanta e solo grazie alle ricerche di una professoressa dell’Università della Florida, Paula Welch, i due figli ancora in vita sarebbero venuti a conoscenza del successo olimpico ottenuto da loro madre tanti anni prima.

Della vicenda di Margaret Abbott non si può dire che questa sia l’unica nota di colore. Si narra, ad esempio, che venne a sapere della gara organizzata a Compiègne leggendone sul giornale; o che, in premio per il successo, ebbe un vassoio di porcellana che, per quanto prezioso e cesellato in oro, difficilmente sarebbe stato messo in palio in un torneo riservato agli uomini. Senza contare che in gara la ventiduenne batté anche la concorrenza di sua madre Mary Ives Abbott, fatto più unico che raro nella storia delle Olimpiadi. Anche la mise della futura campionessa olimpica era alquanto particolare: in foto appare elegantissima nella sua lunga veste bianca e perfettamente a suo agio nel tenere con una mano la mazza da gioco e con l’altra aggiustarsi il cappellino.
Tutte queste cose che fanno un po’ sorridere non devono, però, trarre in inganno: Margaret Abbott era una vera atleta, dedicava al golf molto del suo tempo libero, in patria aveva già vinto dei tornei femminili e nel 1902 avrebbe conquistato, sempre in Francia, la Femina Cup. Insomma, era da considerarsi amateur solo perché non percepiva premi in denaro; d’altronde, proveniva da una famiglia benestante e non aveva bisogno di ottenere proventi dal golf, disciplina che era riservata alla sola élite della società americana e, anzi, la cui pratica denotava l’appartenenza a tale élite.

A tale proposito, è significativo notare come come golf e ascesa in società di Mary Ives Abbott e figlia andarono quasi di pari passo. Dopo la morte del marito e la decisione di lasciare l’India (dove Margaret era nata nel 1878), Mary era riuscita a costruirsi a Chicago una buona posizione sociale grazie al successo avuto come scrittrice3. Frequentando le classi più agiate e i salotti buoni, aveva conosciuto il fondatore del Chicago Golf Club, Charles Macdonald; un invito a provare di persona l’ebbrezza di mandare una pallina in buca ne era stata la diretta conseguenza. Mary aveva portato con sé anche la figlia (immagino per questioni di opportunità visto che era stata invitata da un uomo) e da qui era scoccato l’amore per il golf.
Chiaramente, se non fosse stata conquistata dal gioco, una volta a Parigi per seguire le lezioni di Auguste Rodin e Edgar Degas (noblesse oblige), Margaret non sarebbe andata in caccia di occasioni per tornare sul green e non sarebbe, quindi, finita nella storia dei Giochi olimpici. Tra l’altro, giusto per continuare a far capire quale aria di alta società si respirasse il 3 ottobre 1900 a Compiégne, dirò che terza fu Abbie Pankhurst, allora coniugata Pratt, ma che di lì a qualche anno sarebbe diventata la consorte del principe serbo Aleksa Karageorgevic.

Se, però, all’alba del XX secolo, per una ragazza, l’agiatezza economica, era una sorta di lasciapassare che permetteva di dedicarsi anche con un certo impegno a un’attività sportiva ritenuta consona4, il momento del matrimonio e, con esso, la “necessità” di diventar madre e di allevar prole si potevano rivelare grandi ostacoli, al di là della classe di appartenenza. Non credo, infatti, sia un caso che le apparizioni sul green di Margaret Abbott divennero sporadiche, dopo che, a fine 1902, tornò dalla Francia e si trasferì a New York per diventare la signora Dunne. Paula Welch assicura, invece, che, nell’ultimo arco della sua vita, la golfista continuò a giocare, ma non a gareggiare “seriamente” per un dolore cronico al ginocchio, causato da una caduta dalla bici quand’era piccola. Sarà… Ad ogni modo, gli studi condotti dalla professoressa della Florida fanno luce sulle principali cause dell’oblio sui successi di Abbott: il cambio città, da Chicago a New York, dove nessuno la conosceva (e non molti, evidentemente, la videro giocare) e l’incendio che nel 1912 avrebbe distrutto il Chicago Golf Club.

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