Non c’erano le possibilità di calciare verso la porta. Però, la forza è proprio questa… di portare tanti uomini… Guarda quanti uomini… due, quattro, cinque uomini dietro la linea della palla…

Roberto Rambaudi si accalora nel vedere come la Germania sta ordinata nella propria metà campo a infittire le linee di passaggio delle spagnole. Il commento tecnico dell’ex giocatore di Foggia, Atalanta e Lazio è puntuale e partecipato, concentrato nel sottolineare quanto offre il match e non orientato a evidenziare le differenze di genere. Tranne che per un aspetto, quello semantico-grammaticale.
Quei quattro, cinque uomini citati sono, infatti, donne e giocano per la Nazionale tedesca, ma evidentemente nel gergo calcistico base l’idea di usare in questi casi un termine più generico come “persona” non è contemplato.

I limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo, recita un noto aforisma di Wittgenstein. Ora, nessuna sorpresa che nel vocabolario di Rambaudi non ci sia spazio per “arbitra”, “portiera” o “difensora”. Del resto, anche persone direttamente interessate come Ferrieri Caputi, Giuliani o Linari hanno mostrato resistenza, non dando peso al portato culturale di un cambio di prospettiva nell’usare il femminile per indicare i ruoli, se ci sono le donne in campo, e non riflettendo sul fatto che è l’uso costante di un termine a renderlo più o meno piacevole al proprio orecchio. Non a caso, spagnoli e spagnole parlano di “portera” e “defensora” senza problemi.
Fa, però, specie che l’ex calciatore ingaggiato dalla tv pubblica abbia difficoltà a dire “le giocatrici”, “la centrocampista”, “la trequartista” e cada spesso nel corrispettivo maschile, che universale non è e, in questo caso, neanche grammaticalmente corretto. Questione di forma mentis? Probabilmente. Fatto sta che, con il ripetersi delle telecronache, Rambaudi ha mostrato un po’ di attenzione in più ed è stato, se non altro, in grado di correggersi, usando in seconda battuta “giocatrice” al posto di “giocatore”.

La parola “uomo” nel corso della telecronaca di una partita femminile di calcio fa poi capolino quando si parla di modo di difendere sui calci piazzati. Con la solita idea che identificare con tale termine qualsiasi rappresentante dell’umanità, indipendentemente dal genere, non reiteri implicitamente una subalternità della donna che per alcuni è addirittura naturale. La ct azzurra Bertolini due anni fa spiegava:

Alle mie ragazze dico di usare l’espressione “marcatura a donna” o al massimo “marcatura individuale”. Soprattutto con i giovani, si deve partire da questi cambiamenti che sembrano minimi, ma invece esprimono già un pensiero diverso, un’apertura maggiore.

In effetti, l’aggettivo “individuale” risolverebbe la questione, ma è decisamente poco usato. La locuzione “marcatura a donna” ancor meno. Anzi, l’unica volta che l’ho sentita è in occasione di un terribile siparietto tanti anni fa. Serie A, stagione 1991/92. L’allenatore del Verona Eugenio Fascetti, in previsione del match con la capolista Milan, aveva detto che i rossoneri li avrebbe marcati “a donna”, ovvero il più strettamente possibile per limitarne la pericolosità. Uscita che oggi, per fortuna, bolleremmo come sessista e che all’epoca La Stampa trattò come una battuta divertente1.
Ispirato da Fascetti, Maurizio Mosca riuscì a fare di peggio e in un programma di una tv privata cui partecipava come opinionista, fece vestire una giovane valletta con la maglia rossonera e le toccò con continuità cosce e natiche per mostrare come si marcasse a donna2.

Il calcio è ancora molto, troppo legato alla mascolinità e a tutte le sue forme. Questo è un dato di fatto. Per questo può essere utile fare un confronto, sia pure sommario, con quanto avviene nella narrazione Rai di un altro sport di squadra, la pallanuoto. Innanzitutto, ricordiamo che in questa disciplina non esistono Europei o Mondiali separati per uomini e donne e che, dal 1992 ad oggi, l’Italia ha raccolto importanti successi sia al maschile che al femminile. A differenza del calcio, quindi, è percepito come normale e non eccezionale che la tv di Stato dia spazio in egual misura a Settebello e a Setterosa, nome coniato trent’anni fa, quando la Nazionale femminile iniziò a collezionare medaglie (e mi piace pensare che, se si fosse dovuto trovare ora un nickname per le pallanotiste azzurre non si sarebbe insistito incresciosamente sul “colore della femminilità”).
Ora, chi, anche per sbaglio si è trovato a vedere una gara di pallanuoto, ha notato come sia fondamentale la fase di gioco in cui una delle due squadre ha… un uomo in più. Già, perché è questa l’espressione largamente usata dal telecronista Rai Dario Di Gennaro, indipendentemente da chi è in acqua. La voce tecnica che lo accompagna, l’ex Nazionale Francesco Postiglione, usa in modo molto più corretto le espressioni “superiorità/parità numerica”, sintomo – evidentemente – di una percezione meno legata al proprio genere di quello che è stato ed è il suo sport. Ma Di Gennaro, nulla, con ostinazione continua a usare anche in campo femminile “uomo in più” con la scusa che è un termine tecnico.

Al contrario di Rambaudi, la cui narrazione dei match femminili appare inficiata da quanto maschile sia la percezione del mondo del calcio ma in modo indipendente dalla sua volontà, Di Gennaro sembra voler rivendicare il suo modo di vedere. Che poi quale sia la sua visione della pallanuoto e dell’universo sportivo femminile non sappiamo per certo, ma da come ha presentato le atlete che a una a una comparivano a bordo vasca prima di Stati Uniti-Italia del giugno 2022 qualche sospetto viene…

Dopo la «pantera nera» Ashleigh Johnson e qualche info sul ruolo di Musselman, Di Gennaro si è prodotto, infatti, in un poco tecnico:

E poi Rachel Fattal, forse tra le più carine di questa formazione, anche da un punto di vista estetico. Questo lasciatecelo sottolineare a noi maschietti…

Di contro, quando tocca alle azzurre, l’arrivo di Valeria Palmieri è accompagnato da un significativo affettuoso accenno alla sua conformazione fisica:

Il capitano del Setterosa, Valeria Palmieri, il centroboa dell’Orizzonte Catania, quattro scudetti per questa splendida ragazzona.

Banale concludere che sarebbe opportuno dare più spazio a telecroniste donne in caso di gare femminili? Sempre che non si voglia chiedere ai propri dipendenti di usare un linguaggio più consono…

Nella foto in evidenza: una fase di Germania-Spagna del 12 luglio 2022