Viaggio a Barcellona – parte prima

Se, in omaggio alla proposta di difesa e promozione della lingua fatta dall’onorevole Rampelli, volessimo italianizzare la parola “blog”, dovremmo ricorrere a perifrasi tipo “diario allocato in rete”, richiamando in vita un vocabolo che rimanda a racconti privati di vicende adolescenziali ed emozioni da queste suscitate. Ora, posto che un qualcosa che diventa web, -mi si perdoni- che viene allocato in rete, non è per definizione privato, mi accorgo che il mio modo di essere… diarista elettronico (adesso smetto) prevede ben difficilmente che lo spunto per la riflessione parta da un’esperienza personale.
Il mio recente viaggio per Barcellona permette di colmare, almeno momentaneamente, questa mancanza.

Sono arrivato nella metropoli catalana il 30 marzo, insieme con un gruppo di liceali maggiorenni (sono prof ed era la visita d’istruzione del quinto anno). Il giorno prima il Barcellona aveva nettamente sconfitto la Roma nel ritorno dei quarti di finale della Women’s Champions League 2022/23. Dopo la vittoria di misura all’Olimpico, il 5-1 del Camp Nou era maturato grazie a un bel gol di Rolfö su sponda di Oshoala dopo pochi minuti, al raddoppio di Mapi Leon alla mezz’ora con un tiro da fuori (Ceasar colpevole, ma all’andata aveva parato l’impossibile), ad altre tre reti delle padrone di casa tra fine primo tempo e inizio ripresa e alla rete di Serturini che ha dato il giusto premio alle giallorosse e bloccato la loro deriva.
Mundo Deportivo, quotidiano sportivo di Barcellona in lingua spagnola, ricordava in prima pagina, nel taglio alto, la manita rifilata alla Roma. E allora l’ho acquistato. All’interno l’impresa delle blaugrana era ben documentata, tre pagine (dalla 6 alla 8) che traboccavano di orgullo catalano. C’erano foto, pagelle, interviste, cronaca e una “contocrónica” della partita che poneva l’accento sulla festa vissuta allo stadio dalle 54mila persone presenti1 e lasciava in coda l’unico riferimento al mondo del calcio maschile (la presenza, in tribuna, di Sergi Roberto «che è accorso a sostenere la squadra in una partita molto speciale»). Una sensazione strana e al contempo piacevole, per chi è abituato al modo in cui in Italia la stampa specializzata parla di calcio al femminile.
Certo, l’articolo di apertura del giornale non era riservato alla vittoria del Barcellona femenì, ma a una non-notizia di calcio maschile (la presenza sul mercato futuro prossimo di tanti giocatori a parametro zero); inoltre, la tripletta di Messi in maglia argentina contro Curação e la “riapparizione” sui media di Luis Enrique avevano più risalto del resoconto dell’altro quarto di finale di Women’s Champions League giocato la stessa sera (Arsenal-Bayern Monaco 2-0, con rimonta e passaggio del turno delle gunners). Segno che lo spazio dato al calcio femminile era subordinato a quello destinato al calcio degli uomini e, ancor più, al calcio degli uomini che avevano o avevano avuto a che fare con il Barça. 

Parlavo dell’orgoglio mostrato da Mundo Deportivo per il fatto che il Barcellona avesse raggiunto per la quinta volta di seguito la semifinale della massima competizione europea per club a livello femminile. Non mi aspettavo, però, di cogliere ancor più orgoglio catalano nelle pagine di La Vanguardia a proposito di un’altra Champions, quella femminile di pallanuoto. O forse me lo sarei dovuto aspettare?
La Vanguardia è il quotidiano di Barcellona il cui sito nell’autunno del 2017 consultavo abbastanza spesso per capire come andava evolvendosi la situazione politica dopo la dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte del governo della Catalogna e la scomposta reazione del governo centrale Rajoy. Avevo continuato a tenere d’occhio il sito del quotidiano  finché la situazione non si era normalizzata, con il cambio di governo a Madrid, l’ex presidente catalano Puigdemont in auto-esilio in Belgio e un po’ di gente in carcere al posto suo.
A distanza di cinque anni, in hotel mi è capitata sotto mano una copia cartacea de La Vanguardia. Sfogliandola non ho trovato nulla o quasi che si riferisse a quella caotica stagione politica. Del resto, wikipedia suggerisce come il giornale sia «moderatamente catalanista» e, in fondo, anche la città di Barcellona mi era sembrata aver messo da parte spinte separatiste.
Poi sono arrivato alla pagina sportiva e lì ho trovato riversato tutto quell’orgoglio di essere catalani e non spagnoli che altrove non si percepiva. Si parlava dell’imminente final four di Champions’ Cup femminile di pallanuoto che si sarebbe giocata alla piscina Sabadell e che vedeva in lizza due squadre identificate come catalane: le padrone di casa del Club Natació Sabadell, già vincitrici cinque volte della manifestazione e finaliste nel 2022, e l’outsider Centre Natació Mataró, semifinalista nel 2017 e campione di Spagna nel 2020.
Il sorteggio delle semifinali aveva posto l’avversaria non catalana più forte, l’Orizzonte Catania, sulla strada del Sabadell e le ungheresi del Dunaújváros su quella del Mataró. Era, dunque, fortissima la speranza di vedere in Catalogna un atto conclusivo tutto catalano2.

Per inciso, le speranze de La Vanguardia si sono realizzate e il successo finale ha arriso al Sabadell: «Una squadra per la storia», come la definiva ancora tre giorni dopo il successo Mundo Deportivo, che ha comunque dato risalto all’evento.
Ad ogni modo, nella mia permanenza a Barcellona non mi sono limitato a spulciare quotidiani: per provare a carpire qualcosa in più del ruolo che riveste la squadra femminile nell’universo blaugrana sono stato al Camp Nou. Vabbé, non solo per quello.