Il seguente tema è anche oggetto della chiacchierata fatta con lo storico dello sport Nicola Sbetti in occasione della 13° puntata di A Gamba tesa – Road to Paris che trovate qui su Youtube  

Cinquanta e cinquanta.
All’Olimpiade di Parigi 2024 sono attesi un massimo di 10500 tra atlete e atleti e, per la prima volta nella storia delle manifestazioni a cinque cerchi, i posti a disposizione sono divisi equamente: metà agli uomini e metà alle donne. Il sito del CIO non manca di sottolineare il dato, parlando di

historic 100% gender equality (in athlete quotas).

L’aggettivo usato è appropriato: si è davvero di fronte a un avvenimento di portata storica, ma l’ente che si bea di questo risultato (il Comitato olimpico) è il principale responsabile del fatto che lo sport femminile sia rimasto per tanto tempo ai margini della kermesse a cinque cerchi.
Il primo presidente del CIO, il tanto osannato Pierre de Coubertin, era noto per le sue posizioni maschiliste e, se solo a partire dalla V Olimpiade (Stoccolma 1912) si può parlare di concorsi femminili inseriti nel programma olimpico ufficiale, lo si deve a quei “femministi” degli svedesi, o almeno così assicura il resoconto della riunione tenutasi nel Granducato di Lussemburgo nel 1910. In realtà, era svedese anche Sigfrid Edström, il quarto presidente del CIO, che fece una piccola concessione (inserimento di cinque gare femminili nel programma ufficiale di atletica ad Amsterdam 1928) per raggiungere un ben più importante risultato (ridimensionamento della Fédération Sportive Féminines Internationale guidata da Alice Milliat).
L’apertura alle donne di questa specialità o di quella disciplina in sede olimpica è avvenuta con il contagocce per tutto il Secondo dopoguerra, tanto che ad Atlanta 1996, a cento anni di distanza dalla prima Olimpiade, i numeri raccontavano ancora di una netta disparità in fatto di medaglie e posti a disposizione:

  • Partecipanti totali: 10320;
    uomini: 6797 (66,87%), donne: 3523 (34,13%)
  • Ori totali: 271;
    ori assegnati in gare riservate agli uomini: 163 (60,14%);
    ori assegnati in gare riservate alle donne: 97 (35,79%);
    ori assegnati in gare open, ovvero senza vincoli di genere: 10 (le sei dell’equitazione e quattro classi veliche, anche se solo in una di esse si iscrisse una donna);
    ori assegnati in gare miste: 1 (doppio misto del badminton) 
  • Discipline in cui gareggiavano uomini 30 su 32 (no nuoto sincronizzato, ginnastica ritmica);
    discipline in cui gareggiavano donne 27 su 32 (no lotta, pugilato, sollevamento pesi, pallanuoto, pentathlon moderno) 

Il dato non scoraggiante sul numero di discipline ancora “vietate” alle donne alla XXVI Olimpiade estiva è comunque sintomo della politica maggiormente inclusiva che il CIO aveva inaugurato da qualche anno, ad esempio, introducendo la regola secondo cui non potevano essere discriminanti rispetto al genere gli sport che da quel momento in poi sarebbero entrati a far parte della famiglia olimpica. Un cambio di prospettiva nei confronti delle donne e delle sportive che avveniva parallelamente e non indipendentemente dal processo che stava trasformando i Giochi in eventi globali, ambiti dagli sponsor e per questo alla ricerca di mercati sempre più ampi.

A Parigi 2024 il gap sarà colmato. Anzi, due dei tre tabù di genere rimasti hanno a che fare con gli atleti maschi, per cui è solo ipotetico l’accesso al nuoto artistico in sede olimpica e a cui la ginnastica ritmica è ancora “vietata” tout court. Per le donne, invece, non sono in programma gare di lotta greco-romana, solo di lotta libera1.
In che misura è, però, corretto/scorretto parlare di “genere” e “parità di genere” di fronte a un traguardo che, a conti fatti, ciò che davvero garantisce è che uomini e donne abbiano pari opportunità di partecipare alle gare olimpiche?

La parità di genere secondo il CIO e le gare miste.
Nella Raccomandazione 11 della Olympic Agenda 2020, approvata nel dicembre 2014, il Comitato olimpico si proponeva due obiettivi: raggiungere la fatidica soglia del 50%, in fatto di partecipanti donne ai Giochi rispetto al totale, e inserire nel programma ufficiale delle Olimpiadi a venire concorsi riservati a squadre miste (rispetto al genere) nel maggior numero possibile di sport.
Per intendersi, gare come la 4x100m mista misti del nuoto o la 4x400m mista dell’atletica, staffette in cui ci sono due atleti e due atlete per squadra a passarsi realmente o idealmente il testimone; specialità praticate da tanto tempo come il doppio misto del tennis; competizioni a squadre in cui vengono sommate le prestazioni individuali di singoli/e che si incontrano tra di loro come nella gara individuale, vedi judo2.
Perché il CIO lega nella stessa raccomandazione gender equality e gare miste è presto detto: queste hanno il pregio di imporre una maggior coesione, un maggior coinvolgimento reciproco all’interno del singolo team e di veicolare l’idea che la forza di una nazione in un singolo sport debba misurarsi attraverso la capacità di proporre sia atleti che atlete di alto livello. Questo non significa che talvolta anche io non abbia la sensazione di esser di fronte a competizioni aggiunte al programma con il solo obiettivo di aumentare medagliati e medagliate.

Come già visto, il primo proposito della Raccomandazione 11 verrà raggiunto a Parigi 2024, ma anche sul proliferare di (nuove) gare miste a Losanna non sono messi poi tanto male, soprattutto perché nei campionati mondiali organizzati dalle singole federazioni internazionali ci sono tante competizioni in più di questo tipo[foonote]Ad esempio, si assegnano ori mondiali e non olimpici nel duo misto del nuoto artistico, nei tuffi sincronizzati misti da trampolino e piattaforma, nella crono a squadre mista (ciclismo su strada), giusto per rimanere a discipline che afferiscono alle Olimpiadi estive[/footnote].
Ad ogni modo, il programma della XXXIII Olimpiade estiva dà i seguenti numeri

  • Ori totali: 329  (+58 rispetto al 1996);
    ori da assegnare in gare riservate agli uomini: 157 (-6 rispetto al 1996, 47,72%  del totale);
    ori da assegnare in gare riservate alle donne: 152 (+55 rispetto al 1996, 46,20% del totale);
    ori da assegnare in gare open: 63;
    ori da assegnare in gare miste: 14 (+13 rispetto al 1996, in 10 sport/discipline diverse)

I numeri fanno capire quanto radicale è stato il cambio di rotta, tanto che, rispetto a 28 anni fa, le gare men only sono addirittura meno e questo a dispetto di quasi sessanta concorsi in più e di tante nuove discipline introdotte.
In particolare, quelle che strizzano l’occhio ai più giovani, come surf, arrampicata, ciclismo bmx, skateboard, breakdance, per la serie altro mercato di possibili utenti da fidelizzare (ma parlare anche di questo mi porterebbe troppo lontano).

Non bastano, però, i numeri per comprendere a fondo in che direzione il movimento olimpico e il mondo sportivo si stanno muovendo sotto l’impulso di queste raccomandazioni CIO sul genere. È importante chiedersi che tipo di modelli vengono proposti e che conseguenze questo ha.
Nella seconda parte di questa analisi, Olimpiadi. Quali gare per quali modelli?, parlerò proprio di questo.