La nona edizione della Coppa del Mondo femminile di calcio si è appena conclusa: le calciatrici spagnole, che hanno vinto meritatamente e offerto un gioco di alto livello, stanno sfilando a una a una per ricevere la medaglia ricordo e i complimenti dei vertici FIFA. In mezzo a coloro che premiano, radioso come non mai, c’è il presidente della Real Federación Española de Fútbol, Luis Rubiales. Quando arriva il turno di Jennifer Hermoso, una delle pedine fondamentali della squadra campione, i due si abbracciano e, improvvisamente, il capo del calcio spagnolo la bacia in bocca. L’ex blaugrana, che ora gioca in Messico, negli spogliatoi alle altre dice «No me ha gustado», anche se più tardi viene diffusa una dichiarazione molto più blanda, evidentemente imposta dalla federazione. Il bacio senza consenso sta, però, già facendo il giro del web e nei giorni seguenti il caso esplode: le ministre Montero e Becerra chiedono le dimissioni di Rubiales definendo il suo gesto come frutto di una «cultura patriarcal interiorizada»; il presidente della RFEF, di fatto, conferma che le esponenti del governo spagnolo hanno ragione perché in una conferenza stampa, a cinque giorni dai fatti, si dichiara vittima di un attacco mediatico, assicura che non si dimetterà e mostra di non aver minimamente ragionato sul contesto in cui ha dato il bacio a Hermoso e su come la giocatrice possa aver percepito il tutto, parlando con insistenza di gesto spontaneo e consensuale; le 23 campionesse del mondo e altre giocatrici firmano una lettera in cui si dichiarano indisponibili alle convocazioni finché l’attuale vertice della federazione non si dimetterà; l’atmosfera di festa post vittoria è ormai dissolta.1

E la FIFA in tutto questo? Sarò malizioso, ma io me lo vedo Gianni Infantino profondamente seccato, ché a Mondiale finito era pronto a gridare ai quattro venti quanto le cose fossero andate bene e, invece, si è trovato impelagato in questa “polemica” da gestire in qualche modo. Anche perché i toni non accennavano a placarsi e Rubiales, quando aveva dato quel bacio, era poco lontano da lui, nel bel mezzo della premiazione ufficiale delle due squadre finaliste dell’intero torneo! Così, il 24 luglio, quattro giorni dopo il fattaccio, il Comitato Disciplinare ha fatto sapere che il presidente della RFEF è sotto inchiesta per violazione dell’art. 13 del Codice Disciplinare.2 
Quanto a prontezza nel difendere le calciatrici di fronte a violenze o abusi, la federazione internazionale aveva già dato prova nel corso della manifestazione di preferire, fin dove possibile, la tattica dello struzzo: nonostante le fosse arrivato un reclamo contro Bruce Mwape, allenatore dello Zambia, accusato di molestie da alcune giocatrici, la FIFA aveva accettato di buon grado che lo scomodo personaggio si presentasse in Nuova Zelanda. Per di più, durante una conferenza stampa in cui le domande dei giornalisti a Mwape vertevano sulle indagini, il moderatore ufficiale FIFA si era trovato a chiedere che si parlasse di calcio. Stile Qatar 2022: vorremmo mica molestare gli accusati di molestie?

Ad ogni modo, per il “povero” Infantino tutto il resto in questo Mondiale austro-neozelandese è probabilmente andato come voluto, sperato e preventivato, a partire dal fatto che con il suo jet privato e fondi FIFA ne ha approfittato per andare a visitare Tonga, Tahiti e altri sette stati oceanici e parlare con i rappresentanti delle rispettive federazioni di football. Del resto, il successo più grande in termini di brand è stato quello di aver portato per la prima volta un Mondiale di calcio in Oceania (intesa come regione geografica).
Il giorno prima della finale Infantino ha, poi, sciorinato un po’ di dati: entrate per 570mln $, «the second highest income of any sport, besides of course the men’s World Cup, at a global stage»; due milioni di spettatori allo stadio, 4 miliardi in tv, livello medio più alto e nessuna squadra che ha perso 15-0 nonostante il passaggio a una fase finale a 32.3
Qualche dato lo aggiungo io: 110 mln $ il totale dei premi assegnati alle 32 federazioni finaliste e alle loro giocatrici, contro i 30 mln $ del 2019; 10.5 mln $ per la Spagna vincitrice, contro i 4 guadagnati dalle statunitensi in Francia quattro anni fa.
Infine, i main sponsor. Perché, se è vero che le federazioni di Australia e Nuova Zelanda sono riuscite a stoppare l’idea FIFA della intromissione da parte di Visit Saudia, non si può certo negare che il cartellone Qatar Airways non fosse ben visibile in tutti i match della Coppa del Mondo. Infatti, la compagnia qatariota era tra i cinque finanziatori principali del torneo con le immancabili Coca-Cola, Adidas, Hyundai e Wanda Group. 

In conclusione, la questione Hermoso/Rubiales sta mostrando -se ce ne fosse ancora bisogno- la specificità del calcio al femminile nel portare alla ribalta in ambito sportivo questioni di genere che sorgono in maniera “naturale” laddove una élite maschile produce e riproduce il potere da più di cento anni e non si è mai veramente interrogata sulle modalità con cui lo esercita, ad esempio, all’interno della sfera relazionale (a dispetto di una recente autonarrazione più improntata all’attenzione verso l’universo femminile). Più difficile capire, invece, quanto il Women’s football possa incidere a livello globale, visto che al momento le potenze economiche che mostrano più floridità, maggiori prospettive di crescita e disponibilità a investire sono i regimi patriarcali e autoritari del Golfo Persico. I vertici del pallone lo sanno bene e non è che gliene importi poi tanto dei diritti elementari delle abitanti di quei paesi. Una bella qualificazione al Mondiale 2027 o 2031 di una Arabia Saudita femminile con tanto di messaggio “pensa, adesso possono giocare a pallone anche loro!”, basterebbe e avanzerebbe. 

Nella foto in evidenza: Gianni Infantino, la regina Letizia di Spagna e Luis Rubiales, alla cerimonia di premiazione del Mondiale 2023