A gennaio 2023, Francesca Lollobrigida non era al via dell’Europeo. Come spiegato in Rai, l’assenza della 32enne di Frascati, che a Pechino 2022 aveva cancellato lo zero dalla casella medaglie azzurre al femminile nella storia del pattinaggio velocità alle Olimpiadi, era dovuta alla «più lieta delle pause». Formula quanto mai opinabile, che rimandava all’idea che la maternità sia il perno attorno al quale tutto ruota nella vita di una donna, quando, invece, era palese la programmazione dietro la scelta della pattinatrice: fra tre anni l’Olimpiade invernale sarà in Italia e lei ci vuole essere; allo stesso tempo, però, Lollobrigida voleva evitare di attendere i 35 anni e/o il ritiro dall’attività agonistica prima di avere un figlio o una figlia e, allora, quale miglior scelta di provarci nella stagione post-olimpica?
Per fortuna, con l’andare del tempo lo sport ad alti livelli ci ha offerto un numero sempre maggiore di atlete che hanno sospeso la loro attività agonistica perché incinte, salvo poi riprenderla successivamente, replicando magari i successi ottenuti in precedenza1. Anche se questo non significa che tutto ciò che sta loro intorno si sta adeguando al fatto che chi gareggia potrebbe anche avere delle necessità legate al figlio/a appena partorito/a.

Ad ogni modo, proprio pochi giorni prima che andasse in scena l’Europeo di pattinaggio, aveva fatto il giro del web la notizia che la tedesca Gesa Krause, due volte campionessa europea e due volte bronzo mondiale nei 3000m siepi, aveva partecipato a una corsa su strada di 5 km, la Silvesterlauf di Treviri, nonostante fosse al quinto mese di gravidanza. Ovviamente, in Italia si è citato l’accaduto più per le critiche ricevute sui social da questa futura mamma sconsiderata, che per la prestazione in sé (la tedesca si è classificata al 20° posto) o per l’ulteriore evidenza che chi «è incinta, non è malata», riprendendo una dichiarazione rilasciata dalla stessa Krause, che ha anche tenuto a sottolineare come la gara fosse programmata e come federazione e sponsor fossero d’accordo. Del resto, l’amateur Amber Miller, a Chicago nel 2011, era riuscita a portare a termine addirittura una maratona anche se prossima al parto (tanto prossima che partorì la sera stessa!).

Passare per le corse su strada per rimarcare il proprio diritto a praticare dello sport senza restrizioni imposte da altri, è una sorta di via preferenziale, grazie alla tenacia che mostrò Katherine Switzer a Boston nel 1967 nel voler portare a termine la maratona nonostante il tentativo operato da un giudice di bloccarla e grazie all’eco che poi ebbe sui media l’impresa della runner americana. Va tuttavia osservato come per Krause, che ha fatto della corsa la sua professione, prendere parte a una 5 km “con la pancia” voglia dire già in partenza rinunciare a una prestazione cronometrica di assoluto rilievo, confrontabile cioè con quelle delle atlete che hanno gareggiato per vincere.
Il Mondiale femminile di curling del 2023 ha, invece, lasciato intendere che almeno in questa disciplina vedere giocatrici incinte di sei-otto mesi competere ai massimi livelli non solo è possibile, ma è addirittura frequente. Partoriranno, infatti, a breve tre delle otto atlete che si sono giocate la medaglia di bronzo a Sandviken, in terra svedese: la lead di Team Canada Briane Harris, classe 1991, e due componenti della squadra padrona di casa, la skip Hasselborg e la numero due Knochenhauer, entrambe del 1989 ed entrambe campionesse olimpiche nel 20182.

È decisamente riduttivo e malizioso pensare che chi pratica il curling ad alto livello non vada considerato un atleta a tutti gli effetti solo perché il gioco ci ricorda quello delle bocce o perché si usano delle scopette per far scivolare meglio le stone sul ghiaccio. È chiaro che il curling non esige lo stesso impegno fisico che richiede una maratona. Questo, però, non significa che non si accumuli fatica e non si disperda tanta energia mentale nell’arrivare in fondo a un torneo iridato. Basti pensare che Svezia e Canada hanno giocato quindici incontri da tre ore ciascuno in soli nove giorni. Il calendario serratissimo, ad esempio, ha imposto loro di disputare il playoff per accedere alle semifinali la mattina del 25 marzo e la semifinale il pomeriggio del giorno stesso. Senza contare che, nel corso una stagione agonistica, le più forti Nazionali al mondo partecipano anche al campionato continentale e alle cinque prove del Grande Slam, tornei che richiedono un tour de force simile a quello imposto dalla rassegna iridata.
Detto questo, una cosa che trovo più interessante di qualsiasi discorso su ciò che si può considerare salutare in caso di maternità, è il fatto la federazione canadese, prima degli ultimi campionati nazionali, abbia dovuto cambiate alcune norme proprio perché sta diventando “normale” per le giocatrici di curling continuare a praticarlo fino a pochi giorni prima del parto. Una storia che ha bisogno di più spazio, per meglio comprenderne i cavilli regolamentari e le conquiste ottenute dalle giocatrici.

Nella foto in evidenza: la squadra svedese al Mondiale femminile di curling del 2023. Hasselborg è la prima da destra, Knochenhauer la terza.