Sedicimila gli spettatori nel match contro il Chelsea, undicimila circa quelli nel match contro il Wolfsburg. Con il turno disputato tra martedì 9 novembre e mercoledì 10, i gironi di Women’s Champions League sono arrivati al giro di boa e il primo dato che forniamo è quello relativo al pubblico che ha assistito ai due match giocati all’Allianz Stadium dalla Juventus. Non si può parlare di incasso, perché i biglietti erano omaggio, né si possono fare paragoni con i 39mila che, in era pre-Covid, il pomeriggio di domenica 24 marzo 2019 assistettero all’incontro di A femminile Juventus-Fiorentina, in occasione del debutto delle bianconere in quello che è comunque il loro stadio di casa.
Il dato andrà visto in prospettiva: a partire da questa stagione la UEFA ha cambiato il format della massima competizione femminile per club, ha allargato da 62 a 72 il numero delle partecipanti, ha infoltito i preliminari iniziali e inserito una fase a gironi al posto degli ottavi per le sedici squadre “sopravvissute” (un cambio simile a quello fatto per la Champions maschile nella stagione 1994/95)1; ad aprile Nyon ha poi assegnato la prima finale di questa nuova Champions femminile all’Allianz Stadium, terreno di casa della Juventus; la squadra bianconera, che nelle tre precedenti partecipazioni non era mai andata oltre i sedicesimi di finale, quest’anno è riuscita a fare almeno un passo in più. C’è, dunque, la voglia da parte del club torinese di conquistarsi una dimensione europea anche al femminile, ma anche la necessità di farlo. Questione di brand e di investimenti che hanno già portato a dominare in Serie A (22 vittorie su 22 partite nel 2020/21 e una sequenza ancora aperta di 30 successi consecutivi).

Ad ogni modo, le probabilità che le bianconere già in questa stagione riescano a superare la fase a gironi sono meno del 50%: il gol siglato da Girelli negli ultimi minuti del match contro il Wolfsburg è valso il 2-2, ma la classifica del girone A dice Chelsea 7,  tedeschi a 5, Juventus 4, Servette 0.
Non si può, però, negare che il gruppo più equilibrato e, quindi, con le partite più interessanti da seguire sia proprio quello dei bianconeri e delle finaliste delle ultime due edizioni (Wolfsburg sconfitto dall’Olympique Lione nel 2020, Chelsea dal Barcellona nel 2021).
Gli altri tre raggruppamenti hanno, infatti, una squadra a punteggio pieno e, dunque, già con un piede e mezzo nei quarti – Paris Saint-Germain, Barcellona, Olympique Lione – e, soprattutto in ciascuno di essi le tre seconde hanno già sconfitto in modo netto le attuali terze (Arsenal-Hoffenheim 4-0 nel girone C, Bayern Monaco-Häcken 4-0 nel girone D) oppure hanno su di esse già un gran vantaggio (girone B, Real Madrid +5 su Žytlobud-1 Charkiv e Breiðablik).

I nomi delle squadre in buona posizione nei gironi vi sembra di averli già sentiti da qualche altra parte? Non siete i soli. Se a passare saranno Chelsea, Wolfsburg (o Juventus), Paris Saint-Germain, Real Madrid, Olympique Lione, Bayern Monaco, Barcellona e Arsenal, la UEFA sarà sicuramente contenta: solo Inghilterra, Germania, Spagna, Francia e, forse, Italia saranno rappresentate, ovvero le cosiddette Top5 del football maschile; a qualificarsi saranno, inoltre, solo club che hanno una sezione femminile, ma che di fatto nascono come squadre maschili.
Addio, dunque, a Umeå e Turbine Postdam campionesse d’Europa, roba da 2003 o 2010; addio anche a Rosengård, Glasgow City o Lillestrøm, per citare le out-sider che nelle ultime tre edizioni hanno faticosamente raggiunto i quarti. Questa Women’s Champions League ha probabilmente intrapreso la strada senza ritorno che la farà somigliare sempre più al fratello più grande, la Champions League. E, se per una generale crescita del movimento femminile i vantaggi relativi alla visibilità sono indubbi (pensate solo al fatto che quest’anno i match sono vedere in streaming gratis su YouTube), chissà quanto poco tempo ci vorrà perché si passi a sei o addirittura otto gironi e anche le quarte dei maggiori campionati europei abbiano accesso alla competizione (alcune terze già lo hanno, vedi nota 1), dilatando ancor più il divario tra chi si appoggia a club maschili di chiara fama e le altre.