Come spiegato in questo articolo, ho progettato insieme con una collega di sostegno e un collega di storia e filosofia un modulo dal titolo Questioni di sport, questione di genere e l’ho poi portato in due diversi contesti. In questa sede riporto come è stato realizzato in una classe quinta, indirizzo socio-economico del Liceo Frezzi-Beata Angela di Foligno.

Progettazione

TITOLO Questioni di sport, questione di genere
ARGOMENTO Linguaggio, ruoli sociali e barriere di genere nel mondo dello sport
OBIETTIVI DIDATTICI
  1. Riconoscere disparità e discriminazioni di genere nei propri ambiti di vita/interesse
  2. Discriminare i diversi livelli (linguistico, sociale, economico, culturale) di origine e azione degli stereotipi
  3. Comprendere la portata trasversale e universale dei vantaggi connessi all’emancipazione di tutte le donne, le ragazze e le bambine
  4. Promuovere una maggiore consapevolezza dell’altr@ nelle studentesse e negli studenti
  5. Riflettere sull’importanza del ruolo svolto dallo sport in questioni di natura socioculturale e politico-economica
  6. Elaborare contributi personali di diverse tipologie inerenti ai temi trattati

Gli obiettivi 1-4 sono in linea con l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 

DESTINATARI Classe quinta superiore, indirizzo economico-sociale
DISCIPLINE COINVOLTE Educazione civica
BISOGNI FORMATIVI Migliorare il clima di classe attraverso lavori di gruppo e interattivi; migliorare i processi di inclusione sociale
FASI DI LAVORO Tre
TEMPI Cinque moduli orari
SPAZI E SETTING Aula della classe; spostamento dei banchi per la restituzione
MATERIALI, STRUMENTI, RISORSE PC, LIM, smartphone; link, sitografie, immagini, risorse video, estratti testuali, file multimediali (presentazioni); podcast
METODOLOGIE e STRATEGIE DIDATTICHE Lezione frontale interattiva e partecipata; didattica laboratoriale; cooperative learning; utilizzo delle TIC
MODALITA’ DI SVOLGIMENTO DELLE LEZIONI Lezioni sincrone, condotte in compresenza
MODALITÀ DI VALUTAZIONE Valutazione formativa. Meglio se la prossima volta si usa una rubrica di valutazione
ALLEGATI Materiali utilizzati per la presentazione, materiali utilizzabili per il podcast

 

Descrizione dell’attività svolta

Prima fase:
L’intervento inizia con una lezione della durata di due moduli orari condotta in compresenza con la collega di sostegno e incentrata sulla condivisione in aula del materiale preparato, ovvero la presentazione “Questioni di sport, questione di genere” di cui inserisco alcuni screenshot. Attraverso due domande aperte (“QUANTO INCIDONO LE DISPARITÀ TRA UOMINI E DONNE SUL MONDO DELLO SPORT? E QUANTO PUÒ INCIDERE IL MONDO DELLO SPORT SULLE DISPARITÀ TRA UOMINI E DONNE?”), il sottotitolo introduce quale sarà la questione affrontata nella lezione, ma in realtà ha come scopo quello di far entrare la classe nel mood giusto: non si parlerà di sport nel modo canonicamente associato a questo concetto, ma il mondo sportivo e le conoscenze sportive che ciascuno/a ha in merito serviranno da lente di ingrandimento per discutere di un problema sociale più generale, ovvero le disparità di genere.  

Il messaggio “subliminale” che la lezione deve essere partecipata e che tale partecipazione sarà anche base per la valutazione formativa viene rafforzato dalle slide con cui inizia la prima parte della presentazione (“LINGUA e GENERE”). Alla classe viene mostrata l’istantanea di una partita dell’Europeo femminile di calcio del 2022 e la frase detta in diretta da uno dei commentatori Rai (“Guarda quanti uomini… Due, quattro, cinque uomini dietro la linea della palla”)  e uno screenshot di ciò che si ottiene su Google cercando “equitazione dressage olimpiade”.

 

L’uso della parola “uomini” nel primo caso e il fatto che il risultato della ricerca Google mostri più donne che uomini, mentre la dicitura è ineffabilmente “Atleti olimpionici di dressage” sono due esempi di quello che in linguistica si chiama maschile sovraesteso. Le slide successive hanno la cura di spiegare la leggera differenza dei due esempi proposti (nel primo caso il maschile plurale è utilizzato come genere “neutro” anche in assenza di persone di sesso maschile!). È, però, sfruttando le proprie preconoscenze sportive che ragazzi e ragazze si preparano al passo successivo: per tutti e tutte, usare il maschile sovraesteso in un ambito come l’equitazione, in cui uomini e donne gareggiano insieme e queste ultime spesso vincono, stona molto di più che usarlo parlando di calcio, sport narrato e declinato al maschile da più di cento anni.

Non a caso, la sezione seguente si apre con una domanda (“Il maschile sovraesteso è inclusivo e universale o è usato solo per tradizione, perché la nostra è una lingua androcentrica?”) che eleva la discussione dal piano prettamente linguistico a quello socio-culturale. È questo il primo momento di vero confronto all’interno della classe tra ragazzi e ragazze e tra loro e noi docenti, che, per il fatto stesso di aver proposto il modulo, vengono riconosciuti, al di là del genere biologico di appartenenza, come sostenitori della non inclusività di una siffatta lingua e dell’approccio culturale che essa veicola.
Anche in questa sezione la presentazione alterna episodi, dichiarazioni, immagini tratte dal mondo dello sport (in particolare, del nuotatore artistico Giorgio Minisini, dell’arbitra di calcio Maria Sole Ferrieri Caputi, della giocatrice sempre di calcio Camelia Ceasar) e slide che riassumono come la flessione al femminile di nomi al maschile sia considerata cacofonica quando associata a ruoli sociali o professionali di un certo prestigio; o come al femminile alcuni nomi assumano sfumature di significato diverse.

C’è anche spazio per la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni e per la sua circolare ministeriale che invita tutti a chiamarla al maschile “il Presidente” e per il sessismo benevolo che sottendono certi soprannomi come “fate” o “farfalle” dati alle atlete delle Nazionali di ginnastica. 
Molto più importante è, però, in tutta questa sezione lasciare spazio agli interventi e invitare il maggior numero di persone a esprimersi, tenendo magari d’occhio l’orario e il clima della classe.

Nella seconda parte (“RUOLI SOCIALI E GENERE”) il focus rimane sul linguaggio, inteso stavolta come l’insieme delle parole che concorrono a creare quella che si chiama una narrazione. Viene proiettato l’estratto di una intervista concessa dalla sciatrice Sofia Goggia alla Rai nel gennaio del 2023 in cui il giornalista insiste in modo ossessivo e sconveniente su concetti quali casa, matrimonio, famiglia, figli. Ne avevo parlato approfonditamente qui.
Ancora una volta, la scelta del materiale non è casuale e non è dettata dal solo fatto che a parlare sia una persona nota del mondo dello sport: molti in classe sanno, infatti, che Goggia proprio nel periodo dell’intervista si è infortunata alla mano, è stata operata d’urgenza, il giorno dopo ha voluto correre nonostante tutto ed è anche riuscita a vincere (nell’estratto dell’intervista l’infortunio viene anche più volte citato). La classe è, dunque, in una posizione privilegiata per cogliere quanto le domande fatte dal giornalista poco si addicano a una sciatrice nel pieno della carriera e con un grande obiettivo sportivo a medio termine (l’Olimpiade del 2026 di Milano-Cortina) e, quindi, per giudicare quanto il tenore dell’intervista dipenda solo dal fatto che Goggia sia una donna e non un uomo. Ad ogni modo, una serie di domande guida tutti e tutte a ragionare su questo aspetto.

All’insegna della laboratorialità dell’approccio, la classe viene a questo punto messa di fronte a un fatto di cronaca del 2021 meno noto, anzi completamente sconosciuto alla quinta in questione. Mi riferisco al caso Lugli. L’obiettivo è quello di far percepire come la donna sportiva vincente senza marito e figli sia narrata come incompleta (vedi Goggia o anche Federica Pellegrini), mentre Stato ed enti istituzionali non garantiscono alle donne che praticano sport diritti fondamentali quali la maternità, perché non le inquadrano come professioniste.
Dopo alcune domande volte a far capire meglio la vicenda1, si chiede alla classe come può essere andata a finire. Perché, in fondo, il fatto che Lugli abbia raccontato tutto alla stampa e la solidarietà ricevuta da giocatrici e giocatori di altri club hanno fatto sì che la sua ex squadra ritirasse la denuncia.

Questo serve da viatico per la fase successiva (“BARRIERE INFRANTE”), in cui studenti e studentesse, in autonomia o creando gruppi di massimo quattro elementi, sono invitati a produrre un podcast che racconti uno sport, una storia al femminile, una barriera infranta o ancora da infrangere. La natura proattiva della richiesta è chiaramente funzionale a far crescere in tutti e tutte l’idea che le cose non sono immutabili, ma possono essere anche cambiate. E una maggiore attenzione in partenza, nell’uso di un termine o nella scelta di osservare un dato evento, può essere alla base di un cambio di prospettiva. 

Seconda fase:
In questa fase, prevalentemente tecnica, i/le docenti riepilogano le regole (nel nostro caso, durata del podcast 5-6 minuti; tutti/e i/le componenti del gruppo devono prendere parola) e sono di supporto ai vari gruppi nella scelta dell’argomento da trattare.

In particolare, i/le docenti danno consigli in merito all’attività sportiva su cui ciascun gruppo intende incentrare la propria ricerca, aiutano i singoli gruppi a circoscrivere l’aspetto da approfondire (le disparità di genere sono, infatti, di diversa natura e diverso è anche il modo di provare a decostruirle) e, infine, laddove necessario, forniscono del materiale utile (link, articoli, immagini, documenti). 

Terza fase:
È la fase della restituzione. I podcast che ciascun gruppo ha preparato vengono presentati real time alla classe e registrati tramite smartphone. Ai gruppi è consentita la possibilità di spostare dei banchi per meglio simulare l’atmosfera da radio.
Nella quinta in questione, un gruppo si è addirittura portato dei microfoni da casa e si è comportato come se stesse facendo davvero una diretta da uno studio di registrazione. I gruppi non impegnati hanno seguito con molto interesse e hanno incoraggiato e applaudito i/le compagni/e.

Osservazioni sull’intervento 

A conclusione dell’esperienza io e la collega che ha contribuito alla realizzazione dell’intervento siamo rimasti molto soddisfatti. Innanzitutto, si è rivelata fondata l’intuizione di usare lo sport come tramite per discutere di disparità di genere. Gran parte della classe pratica almeno una disciplina, guarda gli eventi sportivi o entra in contatto con notizie, dichiarazioni, gossip che rimandano a questo mondo. Tutti e tutte hanno dei propri campioni o delle campionesse di riferimento perché amano seguirli/e sui social. E se la scelta di interessarsi a una disciplina come il calcio è indubbiamente genderizzata in partenza, ciò non toglie che i ragazzi di oggi non siano attratti dal football nella sua completezza e, quindi, anche da competizioni come la Women’s Champions League.
Un po’ per tutti questi motivi il dibattito sulle questioni di genere è stato sin da subito animato. Come ci si attendeva, ragazze e ragazzi hanno approcciato in maniera diversa i temi trattati. Le prime hanno accolto l’invito a parlarne con l’entusiasmo di chi attraversa in prima persona spazi in cui sessismo o maschilismo sono tutt’altro che superati. I secondi, da un lato, hanno cercato l’approvazione di noi docenti mostrando un genuino e sincero interesse per lo sport al femminile e per i casi discussi nella presentazione; dall’altro, si sono messi più sulla difensiva quando si è parlato di questioni più sottili, vedi la riflessione sul portato del maschile sovraesteso nel linguaggio quotidiano e in quello sportivo.

Durante la fase in cui la classe si è divisa per realizzare i podcast, noi docenti abbiamo rilevato un primo bug: visto che era possibile scegliere in autonomia con chi stare, non si è formato nessun gruppo misto rispetto al genere.
Alcuni/e avevano sin da subito le idee chiare su quale sport scegliere e su quale aspetto trattare o quali storie di sportive raccontare. Per altri/e la scelta è stata più difficoltosa. Tutti e tutte hanno, comunque, mostrato una buona capacità di orientarsi nel web alla ricerca di notizie. Solo per un gruppo il materiale da noi fornito è stato di aiuto, ma semplicemente perché conteneva una intervista che non è mai stata digitalizzata.  

Durante la fase di restituzione anche coloro che erano stati/e più timidi/e e passivi/e nella prima fase dell’attività, hanno mostrato di aver compreso la sintassi delle richieste fatte e hanno partecipato alla produzione del podcast in maniera proattiva. I vari gruppi si sono concentrati su specifiche discipline (automobilismo, calcio, boxe, nuoto, atletica leggera, basket, rugby), hanno presentato storie di atlete del passato e hanno raccontato le loro battaglie. Si sono, però, anche soffermati sull’attivismo di alcune campionesse di oggi, che scelgono i social per dare maggiore visibilità a problemi di mancato riconoscimento professionale o a più generiche rivendicazioni di carattere socio-culturale.  

Criticità? Certo, sono emersi limiti nelle capacità espressive ed è venuta a galla la difficoltà che hanno in molti/e a far fluire i propri pensieri in modo organico e non in modo caotico. E poi un secondo bug, ancor più indicativo del precedente: non avendo insistito sulla necessità di prestare attenzione all’utilizzo di un linguaggio inclusivo, non c’è stata eccessiva cura per evitare l’abuso del maschile sovraesteso. A dimostrazione di quanto le abitudini linguistiche siano difficili da cambiare e di quanto sia necessario parlarne apertamente anche e soprattutto in ambienti educativi.

Valutazione 

In sede di scrutinio l’educazione civica è una disciplina come le altre. Al pari di inglese, fisica o filosofia richiede che ogni studente/ssa abbia una valutazione espressa in decimi basata sulla media delle valutazioni ottenute nei moduli gestiti in autonomia dai/dalle singoli/e docenti. Questo impone di effettuare vere e proprie verifiche a chi decide di dedicare all’educazione civica una parte del proprio monte ore annuale.
Nel caso del modulo in questione, noi docenti abbiamo optato per una valutazione formativa anche in virtù della natura dei temi trattati e del tipo di richiesta fatta alla classe. A ciascun podcast è stato, quindi, assegnato un voto. Tuttavia, si è ritenuto funzionale corredarlo di un giudizio volto a mettere in luce punti di forza e di debolezza del prodotto finale. Inoltre, a chi ha contribuito alla discussione nel corso della prima fase, gli interventi fatti individualmente sono valsi un mezzo voto in più.
Ad ogni modo, noi docenti ci siamo resi conto che l’utilizzo di una rubrica di valutazione avrebbe reso più chiaro per la classe il meccanismo di valutazione e più facile per noi l’assegnazione di un voto finale a conclusione dell’intero processo valutativo. In futuro, provvederemo!