Questioni di sport, questione di genere è il titolo del modulo di educazione civica che ho progettato nel corso dell’anno scolastico 2022/23, avvalendomi anche in fase di stesura della collaborazione di una collega di sostegno laureata in filosofia e di un collega che insegna storia e filosofia.
Il modulo è stato poi presentato in due diversi contesti: in una classe quinta dell’indirizzo economico-sociale del liceo, in cui io e la collega insegniamo, e in una terza classico di un liceo romano, presso cui ha la titolarità il sopracitato collega.
Come opportuno quando si ha a che fare con un intervento didattico, specie se effettivamente realizzato, darò il giusto spazio ai motivi che mi hanno spinto a progettare il modulo in questione e alle modalità con cui è stato implementato nelle due diverse situazioni; spiegherò quali materiali sono stati forniti, quali richieste sono state fatte alla classe e come è avvenuta la valutazione.
Prima, però, di far tutto questo è importante chiarire, specie per i non addetti ai lavori, che cosa è l’educazione civica e quali novità ha (potenzialmente) portato nella scuola italiana.

L’insegnamento di educazione civica

La legge n. 92/2019 ha introdotto, a partire dall’anno scolastico 2020/21, l’insegnamento di educazione civica nel primo e nel secondo ciclo di istruzione. A differenza di materie come italiano, matematica o storia, l’educazione civica è stata concepita come disciplina trasversale: c’è un o una docente tutor di riferimento, ma tutti i componenti il consiglio di classe possono -e in un certo senso devono- contribuire dedicando proprie ore di lezione affinché si raggiunga il monte orario annuale stabilito dalla normativa ministeriale.
Spesso questo si traduce in operazioni di semplice travaso, per lo meno per la mia esperienza diretta alle superiori: l’argomento del proprio programma che ha più attinenza con le competenze chiave di cittadinanza o con gli obiettivi dell’Agenda 2030 viene fatto valere come “modulo di educazione civica”. Anche perché la scuola italiana, così come è attualmente strutturata, non agevola le compresenze che sono, invece, vitali per rendere un insegnamento davvero trasversale. I/le docenti hanno, infatti, un rigido orario settimanale valido per tutto l’anno scolastico e le loro ore a disposizione sono utilizzate prevalentemente per sostituire le persone assenti o impegnate in gite, progetti o uscite didattiche (il cui numero è esploso in questi anni post Covid).
Pertanto, lezioni di educazione civica condotte insieme da insegnanti di diverse discipline sono possibili a patto di dedicare alla didattica ore in cui non si è in servizio o a patto di chiedere a colleghi/e di far ciò. Il modulo Questioni di sport, questione di genere non fa eccezione: quando lo abbiamo presentato a Foligno la collega laureata in filosofia ha dovuto dedicare a una mia classe alcune ore del suo tempo libero; è, invece, toccato a me investire la mattinata del giorno in cui non vado a scuola per poter essere virtualmente presente nel liceo romano e condurre la lezione insieme con il docente di storia e filosofia che ha contribuito al progetto. Le ore per prepararlo, vabbé, quelle non contano… È risaputo che gli/le insegnanti lavorano solo diciotto ore alla settimana e hanno tre mesi di vacanza.

Velata ironia a parte, c’è una profonda ragione che mi ha spinto a progettare, non da solo, questo modulo e a presentarlo in contesti scolastici diversi: se concepita come trasversale alle competenze dei/delle singoli/e docenti e non solo alle discipline di cui si ha la titolarità, l’educazione civica diventa la chiave per trattare con tutti i crismi della didattica argomenti di cui si è esperti, anche se questi non hanno attinenza con la materia insegnata. Ovviamente, previo consenso del consiglio di classe. 
Così, io che sono di ruolo nella classe A027 -matematica e fisica alle superiori-, posso sfruttare in aula (anzi, mi sento legittimato a farlo) la mia passione per la storia dello sport e le ricerche “matte e disperatissime” che sono dietro gli articoli di questo blog e del libro Cinque cerchi di separazione. Storie di barriere di genere infrante nel mondo dello sport.

Perché parlare di sport, perché parlare di disparità di genere

Quando in contesti didattici mi è capitato di fare osservazioni legate al mondo dello sport, ho sempre notato in chi mi ascolta un certo interesse a esprimere opinioni che suffraghino, integrino oppure critichino quanto da me affermato. Il coinvolgimento assume, però, sfumature diverse, a seconda dell’argomento toccato.
In particolare, ho constatato che si verifica una polarizzazione dell’uditorio quando la discussione tira in ballo questioni di genere sorte in ambito sportivo, quali, ad esempio, le difficoltà, avute in passato o riscontrate ancora oggi, da parte delle donne a praticare ad alti livelli determinate discipline. Mentre la maggioranza delle ragazze si sente direttamente interpellata e correda i propri interventi di esperienze vissute in prima persona, di raffronti con quanto di simile o di diverso accadeva in passato, di considerazioni di carattere sociale o culturale, i ragazzi con il linguaggio verbale e non verbale comunicano insofferenza o risentimento, come se si stesse incolpando loro personalmente delle problematiche che stanno via via emergendo dal confronto in classe. Non rinunciano, però, a intervenire, a testimonianza che l’argomento non li lascia indifferenti. 

Da qui il proposito di utilizzare alcune ore di educazione civica per far riflettere le classi in modo più strutturato e meno “di pancia” sulle disparità di genere, partendo da quanto ci offre il mondo dello sport. Attività che, tra l’altro, risulta in linea con l’obiettivo 5 dell’Agenda 2030, che spiega come 

Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo sostenibile, alla crescita economica e alla lotta contro la povertà.

Più specificamente, l’idea è quella di attivare le preconoscenze che ragazzi e ragazze hanno in ambito sportivo e di sfruttarle a vantaggio di un’analisi con prospettiva di genere del linguaggio con cui le singole discipline, i suoi campioni e le sue campionesse vengono narrati, e/o della produzione di una narrazione diversa di un evento sportivo che ha visto donne protagoniste, di una barriera di genere che è stata abbattuta, di una battaglia per il riconoscimento di un diritto che è ancora in corso.

In linea anche l’agenda olimpica

Tra gli obiettivi da raggiungere tramite un intervento in ambiente didattico non si possono  inserire direttamente questioni che attengono alla pratica pomeridiana di studenti e studentesse che praticano sport. Tuttavia, è importante notare come si parli di genere e si chieda di agire sul linguaggio nella road map che sta al Comitato Olimpico Internazionale come l’Agenda 2030 sta all’ONU1. Mi riferisco alla Olympic Agenda 2020 e ancor di più alla Olympic Agenda 2020+5, che deve indicare al movimento olimpico la direzione da seguire fino a tutto il 2025. In particolare, quest’ultimo documento redatto dal CIO contiene qua e là obiettivi del tipo:

  • Maintain full athlete gender equality for the Games of the Olympiad and reach gender equality for the Olympic Winter Games Milano Cortina 2026
  • Promote solidarity, diversity, inclusion and gender equality in broadcast operations on and off the field of play
  • The IOC to lead by example by continuing to increase gender balance at IOC Governance level    

L’intervento nelle classi

Come detto, sono stati due i diversi contesti in cui il modulo Questioni di sport, questione di genere è stato presentato. Diverso è stato soprattutto il lavoro chiesto alla classe in fase di restituzione. Alla quinta di Foligno è stato, infatti, chiesto di produrre un podcast di 5-6 minuti che trattasse con ottica di genere un avvenimento o una questione legata al mondo dello sport; alla terza romana è stato, invece, chiesto di analizzare le home page dei siti di alcuni giornali sportivi e di verificare quanto e in che modo le donne/lo sport al femminile fosse presente.
Per questo motivo (e per amore del didattichese) preferisco distinguere le schede relative ai due interventi, facendo emergere, al di là del comune impianto di partenza, le peculiarità di ciascuno di essi.

Intervento nella classe quinta, indirizzo socio-economico, Liceo Frezzi-Beata Angela, Foligno

Intervento nella classe terza di un Liceo classico di Roma