Viaggio a Barcellona – parte seconda

All’inizio del tour che consente di issarsi sugli spalti del Camp Nou e, ancor prima, di essere avvolti dalla suggestiva atmosfera del Museo del Barcellona Football Club, si passa accanto a un cartellone-slogan che decanta «Catalinitat, Universalitat, Compromís social, Democràcia» come essenza stessa della società blaugrana.
A esser pignoli, la parola “democrazia” fa riferimento al fatto che il Barça è un club de socios, che elegge il proprio presidente, e non è proprietà di questo o quel magnate della finanza; mentre il richiamo all’impegno sociale è un rimando alle partnership con organismi internazionali quali l’UNICEF o l’UNHCR. Tuttavia, potrebbe mai un club, che affida il proprio brand a concetti di tale portata, difettare di un minimo di democrazia interna o di attenzione verso gli altri/le altre e dimenticarsi di dare spazio nel proprio museo a tutte le anime che lo compongono? ovvero basket, hockey a rotelle, volley, futsala e, ovviamente, calcio femminile? Certamente no, specie se si considera quanto lo sport tutto contribuisca a costruire l’identità catalana. 

A dare la misura di quanto la squadra femminile di calcio sia conosciuta, ricollegata e, al contempo, distinta dall’ingombrante fratello maggiore rappresentato dal Barça dei Messi o dei Lewandowski, non può, dunque, essere la presenza in una bacheca del museo del Pallone d’Oro 2021 di Alexia Putellas o della Women’s Champions League vinta lo stesso anno. Più informazioni si possono ricavare dallo store ufficiale posto oculatamente al termine del tour del Camp Nou. Del resto, il merchandising fa parte del gioco e, anzi, a giudicare dal gran numero di visitatori provenienti da tutto il mondo nonostante il prezzo non sia economicissimo (sui trenta euro il biglietto base), è frutto del merchandising la vera “Universalitat” dei blaugrana.

Faccio una premessa. I franchising sparsi in centro città puntavano sulle magliette di Lewandowski, Gavi e (ovviamente) Messi, che tra l’altro il presidente Bartomeu sta provando a far tornare. In questi negozietti c’erano settori riservati alle ragazze, magari annunciati da foto di Putellas o di Aitana Bonmatì, ma di magliette personalizzate con nome e numero delle giocatrici del Barcellona femení non ne ho vista neanche una. Né in vendita, né indossata da persone per strada.
In uno dei tre piani del megastore del Camp Nou, invece, si stagliavano in bella vista undici sagome che disegnavano una formazione tipo delle blaugrana con nomi e numeri dietro la schiena. Quanto questi gadget fossero considerati dalle visitatrici degni d’acquisto non saprei dire. Una cosa, però, mi ha dato la sensazione che, anche in una città simbolo dell’avanzata del calcio al femminile come Barcellona, passerà molto tempo prima che le più forti consolidino la loro fetta di notorietà attraverso il merchandising: accanto all’undici titolare del Barça femení c’era una seconda squadra in maglia blaugrana costituita da manichine con dietro il numero 1 e la scritta Rosalìa1, quasi a suggerire che la T-shirt con il nome della cantante pop catalana ha più mercato di quella con scritto dietro Aitana2.

Lascio in ultimo alcune considerazioni, per così dire indirette. Come già ho detto, ero a Barcellona per una visita d’istruzione con ragazzi e ragazze diciottenni. Sin da quando abbiamo messo piede sulla Rambla, l’eccitazione mostrata dai ragazzi di fronte alla possibilità di acquistare magliette, giubbotti, sciarpe era maggiore di qualsiasi scoglio rappresentato dal prezzo. Quasi tutti loro sono poi venuti con me al Camp Nou. Le ragazze non le ho viste così attratte dai gadget blaugrana; nondimeno, due di loro (erano dodici in totale) non si sono volute lasciar sfuggire l’occasione di visitare lo stadio e, nel corso del tour, raccontavano di aver visto anche San Siro.
Ahimé, invece, a sapere chi era Alexia Putellas era solo qualche ragazzo che, tra l’altro, gioca a calcio e, di fatto, solo un tifoso romanista sapeva che il giorno prima della partenza per Barcellona la Roma femminile aveva malamente perso al Camp Nou. Questo vuol dire che, finché non mi capiteranno alunne che giocano a calcio, non avrò alunne che seguono il calcio al femminile? Chissà!

La maglia di Rosalia allo store

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