Trenta giorni così a primavera il ciclismo italiano non li viveva chissà da quanto tempo. Dalla Gand-Wevelgem alla Roubaix, dal 20 marzo al 20 aprile successi a ripetizione in grandi classiche e gare del World Tour. Con una piccola precisazione, che magari spiega perché il tutto non ha avuto lo spazio che meritava nei notiziari o sulla stampa specializzata: tutte queste vittorie sono arrivate dal settore femminile.
Ha iniziato la 24enne Elisa Balsamo che in sei giorni ha regolato in volata le avversarie al Trofeo Binda, alla Classic Brugge-De Panne e a Wevelgem. La piemontese è campionessa del mondo in carica della prova in linea su strada, titolo che – tanto per avere un’idea – sfugge ai colleghi maschi dal lontano 2008, e si dedica anche a inseguimento, omnium e americana, specialità su pista in cui ha già conquistato medaglie in Mondiali e Europei. Sul traguardo della Gand-Wevelgem Balsamo ha bruciato la più brava di tutte nelle classiche di un giorno, Marianne Vos. Era finita così anche al Mondiale 2021, una conferma che vale come una definitiva investitura e lascia presagire un roseo futuro. Anche se, per il ciclismo italiano al femminile, ancor più significativi sono stati i piazzamenti da podio ottenuti dalle azzurre Bertizzolo, Paladin, Bastianelli nelle gare vinte da Balsamo1. Indice che il movimento è attualmente in salute e non ci sono solo delle individualità.  

Ad aprile è stato il turno di un’altra classe 1998, Marta Cavalli, e di Elisa Longo Borghini, che è del 1990 ma è sulla breccia da  almeno dieci anni. Cavalli, che corre per la FDJ Nouvelle-Aquitaine Futuroscope e al Giro lo scorso anno è arrivata sesta, ha sorpreso per la scaltrezza con cui l’ha spuntata nella Amstel Gold Race: uno scatto all’ultimo passaggio sul Kauberg e tanti saluti alle compagne di fuga che si stavano controllando tra loro. A distanza di dieci giorni si è poi tolta lo sfizio di battere Annemiek Van Vleuten sul traguardo della Freccia Vallone. Due vittorie molto diverse tra loro, l’una ottenuta con opportunismo e classe, l’altra mostrando una grande capacità di resistenza.
In mezzo, tra i due successi di Cavalli, quello che può considerarsi il vero capolavoro della primavera ciclistica italiana. Nella seconda Roubaix al femminile della centenaria storia della Redoute, Longo Borghini se ne va in solitaria a 33 km dall’arrivo e nessuna la vede più. Come aveva fatto al Trofeo Binda del 2021.

A differenza di Balsamo e Cavalli, infatti, l’azzurra che da un paio di stagioni milita nella Trek-Segafredo, aveva già vinto prove dell’UCI Women’s World Tour. Precisamente altre quattro: le Strade Bianche nel 2017, il Giro dei Paesi Baschi nel 2019, il G.P. di Plouay e il già citato Binda lo scorso anno.
Il circuito mondiale, strutturato sulla falsa riga di quanto avviene con i maschi, esiste al femminile dal 2016. Fino a tutto il 2021 le vittorie ottenute da atlete italiane in prove del circuito mondiale erano state otto, perché oltre Longo Borghini solo Marta Bastianelli era riuscita a primeggiare in quattro occasioni (Gand-Wevelgem 2018, Ronde van Drenthe, Fiandre e Vargarda West Sweden 2019). Ebbene, in soli trenta giorni le cicliste azzurre hanno raccolto sei successi in gare del World Tour, portando il computo complessivo a quattordici e promettendo, entro la fine della stagione, di eguagliare, se non di superare il numero di vittorie conquistate tra il 2016 e il 2021.

 Nell’immagine in evidenza: Elisa Longo Borghini alla Roubaix; a centro articolo Balsamo vince in volata a Wevelgem, Cavalli con il trofeo della Amstel Gold Race