L’ultima giornata di gare al Mondiale 2023 di short track ha lasciato un po’ di amaro in bocca. Già, perché Pietro Sighel, classe 1999, figlio d’arte -anche se il papà Roberto pattinava su pista lunga-, lo si immaginava già sul podio dei 1000m, magari con l’oro al collo, dopo averlo visto veloce e scaltro nei sorpassi come non mai in semifinale e considerando quanto aveva fatto il giorno prima (vittoria d’autorità nei 500m e bronzo tramutato in argento per squalifica altrui nei 1500m). E, invece, una banale scivolata, lo ha messo fuori gioco sin dalle prime battute.
Per fortuna, in chiusura di programma sono arrivate le tre staffette: il bronzo nella gara mista e l’argento in quella maschile hanno mitigato quella strana sensazione di delusione che colpisce quando si dà tutto troppo per scontato. Sighel e Cassinelli, prima insieme con Arianna Sighel (la sorella di Pietro) e a Valcepina, poi insieme con Spechenhauser e Dotti, hanno riportato la squadra azzurra sul podio. Se poi consideriamo che la staffetta femminile è giunta quarta, materiale per lavorare in ottica Milano-Cortina 2006 ce n’è e qualche speranza di ritornare competitivi in campo femminile, anche.
Ritornare. Perché sull’Europeo di Danzica di gennaio, sul Mondiale di Seul di marzo e su queste prime righe da me scritte aleggia un fantasma o, meglio, quello che in federazione e in Nazionale stanno cercando di gestire come se fosse un fantasma e non solo una pesante assenza: Arianna Fontana.

Undici medaglie vinte in cinque Olimpiadi, tra il 2006 e il 2022, nessuna azzurra ha fatto meglio di lei; un oro vinto a 31 anni all’ultima edizione dei Giochi invernali; portabandiera alla cerimonia di apertura di Pyeongchang 2018; ma anche una situazione di disagio vissuta già da tempo all’interno della Nazionale e venuta a galla durante e dopo Pechino 2022.
In Cina, lo scorso anno, Fontana ha cominciato a levarsi dei sassolini dalle scarpe, poi a Olimpiade conclusa ha rilasciato una lunga intervista in cui spiegava dettagliatamente come i vari tecnici che si sono alternati alla guida della squadra azzurra non hanno mai visto di buon occhio il fatto che lei fosse seguita anche dal marito, lo statunitense Anthony Lobello, e ha raccontato di come i “compagni” di squadra Cassinelli e Dotti in allenamento nell’autunno del 2019 avevano provato più volte a farla cadere (e una volta Dotti c’era anche riuscito).

Dalla Federazione Italiana Sport Ghiaccio (FISG) nei mesi a seguire non è arrivato nessun segnale, neanche dopo l’intervista. Del resto, il presidente Gios aveva detto di Fontana che «non è una leader», che è stata accontentata in tutto e per tutto, che ha spaccato la squadra e che dovrebbe, invece, ringraziare i ragazzi che «le hanno permesso di rinforzarsi e di migliorarsi». Come se l’aver «accettato tutte le richieste economiche del signor Lobello, [il marito allenatore], fino all’ultimo euro» avesse giustificato il comportamento da bulli da parte di pattinatori e tecnici.
A gennaio 2023, dopo che l’Europeo aveva visto la guida della Nazionale affidata allo stesso staff e aveva registrato la partecipazione di Dotti e Cassinelli, ma non la sua, Fontana è tornata a parlare.
Ha, innanzitutto, chiarito che la sua assenza non era dovuta a una pausa («Non ho preso un anno sabbatico: non posso gareggiare per una federazione che giustifica comportamenti dannosi verso la mia persona»), poi ha gettato il sasso nello stagno: «Potrei gareggiare per gli USA», ovviamente in virtù del suo matrimonio con Lobello, ovviamente in riferimento alla prossima Olimpiade, quella di Milano-Cortina.

Quanto fluido sia ormai diventato il concetto di nazionalità nello sport di alto livello è sotto gli occhi di tutti. Però, una comunità sportiva, come quella italiana, che per ben noti e tristi motivi ancora fatica a riconoscere come propria rappresentante una campionessa come Egonu, fatalmente si è trovata a fare quadrato quando Fontana ha minacciato di “tradire” il paese per cui ha già vinto tanto. «Arianna, non si scherza con la bandiera» le ha ricordato, ad esempio, un editoriale de La Nazione, che, però, candidamente riconosceva come fossero anni che Fontana si lamentava ad alta voce del comportamento avuto nei suoi confronti da parte della federazione: come se professionalmente non si potesse scegliere di cambiare aria per (provare a) stare meglio e si dovesse rimanere ancorati/e alle proprie origini, al proprio ethos.

Ad ogni modo, benché Fontana abbia saltato anche il Mondiale di Seul a marzo, qualche speranza in più di rivederla di nuovo in azzurro sembra esserci, a detta del presidente del CONI Malagò. Forse perché dalla prossima stagione a guidare la Nazionale di short track ci sarà una donna, la cinese Mengyao Qi.
Vedremo, intanto, come già ricordato, senza la plurimedagliata olimpica, le donne dello short track questa stagione hanno vinto poco.