Una volta sono rimasta in acqua dieci ore e mezza e avevo già fatto tre quarti del percorso. Il mio record – femminile – ancora regge. Avevo la resistenza, ma non la forza bruta che a questa deve essere sempre associata. Nessuna donna ha questa combinazione. È per questo che dico che nessuna riuscirà mai in questa impresa1.

Nella sua carriera di nuotatrice, artista, attrice Annette Kellerman ha stabilito primati e infranto tabù di genere, ma sull’impossibilità, per le rappresentanti del suo sesso, di riuscire ad attraversare a nuoto il Canale della Manica aveva torto. Qualcuna ce l’avrebbe fatta al posto suo.

2. Annette Kellerman (1887-1975)

Era nata nel Nuovo Galles del Sud, colonia inglese in cui, a sentire il Ministro della Pubblica Istruzione, «era essenziale che anche le giovani ragazze imparassero l’arte [del nuotare]»2. Ed era di buona famiglia, i suoi avevano una scuola di musica in centro a Sydney e sua madre aveva raggiunto una discreta fama in città come concertista.
Una buona situazione economica alle spalle e il vivere in una zona in cui la pratica del nuoto femminile non era osteggiata, sono due presupposti necessari per potersi dedicare interamente alle discipline acquatiche, farne un vero e proprio lavoro e trarne fama e compensi. Serve poi il talento e Annette Kellerman ne aveva tantissimo. Senza, però, il decisivo contributo offerto dalla Sorte, il mondo forse non avrebbe mai conosciuto la Australian Mermaid, la “Sirena australiana”. Una mala-Sorte che si palesò in tenera età, con grandi difficoltà a stare in piedi e camminare senza ausili esterni, e che divenne inaspettatamente una buona-Sorte, perché i suoi genitori la portarono ai Cavill’s Bath, a prendere lezioni. L’idea era quella di potenziare i muscoli degli arti inferiori attraverso la pratica del nuoto e la terapia diede i risultati sperati. Solo che la ragazza imparò così bene a muoversi in acqua che questa divenne il suo ambiente ideale. Mettersi alla prova contro il tempo fu una diretta conseguenza.

Sulle distanze brevi aveva crono lusinghieri e il 25 marzo del 1902, in occasione del primo Campionato Statale del Nuovo Galles del Sud riservato alle ragazze – manifestazione fortemente voluta da suo padre Frederick -, vinse 100 yard e quarto di miglio.
Erano, però, le distanze lunghe quelle in cui Annette Kellerman dava il meglio di sé. Nel miglio faceva segnare tempi costantemente sotto i 35′, molto meno del 39’11” di Miss E. Styer riconosciuto come record femminile nella madrepatria Inghilterra3. E quando a Melbourne, dove si era da poco trasferita con la famiglia, si fece a nuoto in poco meno di un’ora le due miglia e 21 catene (in pratica 3.7 km) che dividono Church-street Bridge da Princes Bridge, si sentì dire che c’era stata qualche irregolarità, perché neanche gli uomini andavano così veloci. Senza batter ciglio, qualche giorno dopo ripeté l’impresa e ci mise ancor meno! Certo, la forte corrente l’aveva aiutata a far segnare un tempo così basso, ma, come scrissero i giornali: «even in the most favourable circumstances it was a remarkable performance».
Del resto, la giovane australiana sapeva il fatto suo anche sul piano tecnico e sapeva usare con profitto il Trudgen, stile che prevedeva le gambe a rana e le due braccia che si alternavano in spinta, a differenza dell’allora più diffuso one-side, in cui ci si spingeva con un braccio solo.

Parallelamente Annette Kellerman aveva iniziato a fare spettacoli in cui mostrava come si nuota, come ci si tuffa, come si sta sott’acqua in apnea, ponendo le basi per una carriera di performer-artista dell’acqua e non di semplice nuotatrice. Fu forse per questo che a un certo punto l’Australia dovette sembrar star stretta e così, nel 1905, ad appena diciotto anni, andò in Inghilterra, accompagnata dal padre, che da sempre ne foraggiava le ambizioni sportive e artistiche.
All’inizio le cose non andavano molto bene e non si trovavano direttori disposti a far diventare il palcoscenico del proprio teatro una piscina solo per vedere una donna «make a fish out of herself»4. Ad ogni modo, dando una bella dimostrazione delle propria capacità nel Tamigi (3h54′ consecutivamente in acqua per coprire i 21 km tra Putney Bridge e Blackwall), la ragazza che veniva dal nuovissimo mondo riuscì ad attirare le attenzioni del Daily Mirror e fu così che si trovò coinvolta nell’affare Manica (e che nacque la Australian Mermaid).
Offrendo un buon compenso il giornale londinese propose ad Annette Kellerman di allenarsi un po’ nei pressi di Dover, mostrandosi in acqua sei giorni alla settimana, e di partecipare, quindi, alla Webb Memorial Channel Race, evento che cadeva a trenta anni di distanza dall’attraversamento del Canale compiuto dal Capitano Matthew Webb, l’unico fino a quel momento in grado di portare a termine l’impresa. All’australiana era stato chiesto di resistere almeno tre ore in acqua, non di arrivare fino a Calais. Ne rimase circa sei, poi si dovette arrendere, come del resto si arresero gli altri cinque partecipanti uomini5.

L’anno dopo ci riprovò. Il 7 agosto 1906, andò davvero male: in preda al mal di mare abbandonò dopo sole due ore. Ad altri tentativi i giornali del tempo non fanno riferimento6 e, poi, nel 1907 giunse il momento di andare a cercare fama e fortuna negli Stati Uniti.
E se in patria e in Europa si era fatta conoscere per le sue imprese natatorie e per la professionalità con cui si dedicava alla disciplina che la vedeva eccellere, in terra americana si sarebbe fatta strada grazie al suo talento artistico, alla sua spiccata indole commerciale, ma anche alla volontà di non sottostare alle regole imposte dal “comune senso del pudore”. A partire da quella volta che a Boston la arrestarono perché aveva un costume troppo succinto. Ma questa è un’altra storia.

Qui la prima puntata: Walpurga von Isacescu