Per la storia del nuoto sincronizzato il Mondiale del 2015 rappresentò un momento epocale, perché per la prima volta gli uomini poterono gareggiare in una competizione internazionale di alto livello. In quella rassegna iridata si assegnarono, infatti, due titoli nel doppio misto, specialità che prevede che un uomo e una donna si esibiscano in acqua, insieme.
L’italiano Giorgio Minisini a quel Mondiale c’era e ottenne due medaglie di bronzo1. Da allora sono passati sette anni, lo sport ha cambiato nome e adesso si chiama nuoto artistico, ma Minisini è rimasto sempre là, sul podio, in tutti gli Europei e i Mondiali cui ha preso parte. In attesa che il veto per gli uomini cada anche in sede olimpica, magari in occasione dei Giochi del 2028.

Lo stereotipo di genere, che faceva del nuoto sincronizzato una disciplina solo femminile perché finalizzata all’esaltazione della grazia, ha dunque accompagnato la carriera di Minisini e ancora ne ostacola le legittime aspirazioni sportive. Le forti limitazioni subite hanno, però, reso il sincronetto azzurro attento anche ad altri processi di esclusione attuati dalla società. Ne sono prova la scelta di nuotare al Mondiale del 2017 su una musica che raccontava il dramma dei migranti2 o quella di esibirsi fuori gara all’Europeo di Roma del 2022 con Arianna Sacripante, sincronetta con sindrome di Down.
Proprio la piscina del Foro Italico lo scorso agosto ha visto cadere un altro tabù: per la prima volta una manifestazione internazionale di rilievo ha assegnato titoli nel solo maschile. Minisini, forte della sua esperienza nel doppio misto, ha conquistato altri due ori che sono andati ad arricchire il suo palmares.

Molto ha vinto a Roma anche la sua collega Linda Cerruti, ritrovatasi poi, suo malgrado, al centro di una situazione poco piacevole. Per una foto in spaccata a testa in giù con i sei argenti e i due bronzi vinti appesi sulle sue gambe – movimento base del nuoto artistico, medaglie a parte -, la sincronetta è stata bersaglio di commenti volgari e volutamente sminuenti la sua professionalità di atleta. Ha poi dovuto subire il solito mensplaining del tipo “te la sei andata a cercare facendoti ritrarre in quella posa lì”.
Cerruti, schifata, ha denunciato l’accaduto sui suoi profili social e ha attivato la polizia postale: una presa di posizione indicativa di come le sportive possano diventare soggetti attivi nel contrasto alla violenza di genere.

Cerruti e Minisini non hanno mai gareggiato insieme in doppio3, ma se fosse stato l’azzurro a posare in spaccata a testa in giù con i quattro ori vinti a Roma sfoggiati sulle gambe, cosa sarebbe accaduto? Avremmo visto in azione il “doppio standard”, ovvero quel meccanismo di genere che consiste nell’applicazione di principi di giudizio diversi per situazioni simili? O avremmo assistito a un florilegio di insulti a Minisini basati sulla presunta equivalenza tra amore per il nuoto artistico e omosessualità? Il fatto è che – parole di Linda Cerruti – questa «società [è] ancora troppo maschilista e molto diversa rispetto a quella in cui un domani vorrei far nascere e crescere i miei figli».

Da Chiaroscuro n° 66, settembre 2022